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Olio d’oliva: Puglia sempre leader nazionale, ma…


L’Italia si conferma anche per il 2016 seconda potenza mondiale per la produzione di olio di oliva, alle spalle della Spagna ma, a fronte di una produzione annua da 298 migliaia di kg, fa segnare una perdita del 37%. La produzione iberica ha raggiunto volumi da 1.400 migliaia di kg mentre la Grecia, terza, raggiunge le 240 migliaia di kg, per una flessione su base annua del 20%. Sono le rilevazioni effettuate da Unaprol – Consorzio Olivicolo Italiano a mostrare come la produzione interna abbia fatto segnare perdite record, causate in particolare da condizioni meteo sfavorevoli, legate in particolare alle temperature medie che, nel periodo invernale, sono state più alte della media, causando ritardi nella maturazione delle olive.

Puglia al primo posto ma male tutto il Sud

Preoccupa, in particolare, la situazione nel Mezzogiorno d’Italia, che segna perdite pari al 50%, la Puglia resta leader nazionale, con una produzione da 242.169 tonnellate di olio di oliva ma in flessione del 42% sul 2015. Ancora peggio fanno Calabria e Sicilia, rispettivamente seconda e terza con perdite del 53% e del 42%. Nel complesso, il Sud ha perso il 50% della produzione, pur restando l’area di maggiore efficacia nel segmento olivicolo. Al Centro, le perdite si sono attestate intorno al 40% mentre il Nord è riuscito a mantenere gli standard del 2015, con picchi di crescita record in Veneto (+30%) e valori in positivo in tutto il Nord-Est.

L’olio pugliese, siciliano e campano, in particolare, pagano anche lo scotto della xylella, il batterio che attacca la linfa grezza causando l’atrofia dell’ulivo, con conseguenti perdite di raccolto difficili da stimare con precisione e particolarmente impattanti sulle produzioni del Gargano, area d’eccellenza del comparto olivicolo.

Salgono i prezzi

Come ulteriore conseguenza, crescono anche i prezzi al kg. Il mercato pugliese segna aumenti sostanziali, passando dai 3,8 euro al kg del settembre 2016 agli attuali 5,7 euro fatti registrati dalla borsa merci di bari, la più indicativa del Paese. L’aumento dei prezzi ha provocato un decremento delle esportazioni, risorsa fondamentale per gli esercenti del comparto, causando flessioni medie del 15% con punte del 15,8% nel periodo gennaio-agosto.